Nel panorama sempre mutevole della comunicazione pubblicitaria, l’Italia ha spesso dimostrato una creatività straordinaria, capace di catturare attenzioni e suscitare emozioni. Tuttavia, negli ultimi decenni, si è assistito a un fenomeno che merita un’attenzione particolare: la quasi completa sparizione delle donne dagli spot televisivi legati alle attività domestiche. Un cambiamento radicale, voluto da alcuni come progresso sociale e culturale, ma che rischia di tradursi in una sorta di cancellazione simbolica del ruolo femminile all’interno della famiglia.
Per comprendere questa dinamica, è necessario tornare indietro nel tempo. Negli anni ’60 e ’70, le pubblicità italiane erano spesso caratterizzate dall’immagine della “donna casalinga”, una figura mitologica che passava gran parte della giornata a occuparsi della casa e della famiglia. Questo stereotipo, seppur riflettente in qualche modo la realtà di molte donne dell’epoca, venne criticato per essere riduttivo e limitante. La donna era rappresentata esclusivamente come custode del focolare domestico, priva di altre ambizioni o interessi.
Con l’avvento del femminismo e il crescente impegno delle donne nel mondo del lavoro, la società cominciò a ribellarsi. Gli spot pubblicitari divennero un campo di battaglia simbolico, dove si scontravano tradizioni consolidate e nuove visioni del ruolo femminile. I creatori di pubblicità, consapevoli di questo mutamento culturale, decisero di reinventare i propri messaggi. Lo spirito animatore di questa trasformazione era nobile: eliminare lo stereotipo della donna casalinga e promuovere una percezione più equilibrata e moderna dei rapporti di genere. Tuttavia, l’esito di questa buona intenzione non è stato sempre positivo.
Oggi, guardando gli spot televisivi italiani dedicati alle pulizie domestiche, alla cura dei figli o alle incombenze quotidiane, si nota una tendenza sorprendente: sono soprattutto gli uomini a comparire nei ruoli tradizionalmente associati alle donne. Lavare i vetri, fare la lavatrice, portare i bambini a scuola, preparare i pasti, dare le medicine ai piccoli, spolverare, stendere i panni e fare la spesa – tutte queste attività vengono mostrate prevalentemente come compiti maschili. Questo apparente rovesciamento di ruoli potrebbe sembrare un segno di progresso, ma nasconde un problema più profondo. Sebbene le statistiche dimostrino che le donne continuano ad assumersi una vasta parte delle responsabilità domestiche, esse sono state letteralmente cancellate dai media.
Una sorta di invisibilità forzata, che non solo non riconosce il loro duro lavoro, ma può anche contribuire a delegittimarlo. Le conseguenze di questa strategia pubblicitaria possono essere letali per l’immagine delle donne nella società italiana. Innanzitutto, viene meno la possibilità di riconoscere il valore del lavoro domestico svolto dalle donne, un contributo essenziale alla vita familiare e alla coesione sociale. Inoltre, l’assenza delle donne dagli spot televisivi invia un messaggio distorto: sembra che esse abbiano abbandonato completamente il campo domestico, lasciandolo interamente nelle mani degli uomini. Questa rappresentazione non solo è falsa, ma rischia di generare frustrazione e malcontento tra le donne stesse. Come può una madre o una moglie sentirsi soddisfatta vedendo un marito immaginario sostituirla in tutte le sue mansioni quotidiane?
Anche se l’intento originario era quello di “aiutarle” attraverso una rappresentazione meno stereotipata, il risultato è paradossalmente deleterio. Le donne si trovano in una situazione di doppio isolamento: ignorate dalla pubblicità e sottovalutate dalla società. Come possiamo correggere questa deriva? Prima di tutto, è fondamentale riconoscere che il lavoro domestico e familiare non è né esclusivamente femminile né esclusivamente maschile. Entrambi i sessi partecipano attivamente alla gestione della casa e dei figli, anche se con proporzioni diverse. La pubblicità dovrebbe riflettere questa realtà complessa, senza cadere nei vecchi stereotipi né nell’estremismo opposto. Inoltre, è importante celebrare il valore del lavoro domestico, qualunque sia chi lo svolge.
Nonostante non sia remunerato economicamente, questo tipo di attività contribuisce enormemente al benessere della società. Mostrare donne impegnate in queste mansioni non significa relegarle in un ruolo subordinato, ma piuttosto riconoscere il loro contributo concreto e indispensabile. Infine, occorre evitare di considerare la rappresentazione pubblicitaria come un semplice riflesso della realtà. Essa è uno strumento poderoso che plasmasse i comportamenti e le aspettative sociali. Quando le donne vengono cancellate dagli spot televisivi, il messaggio che perviene è quello di una loro irrealtà o irrilevanza in certi contesti.
Questa assenza genera un vuoto culturale che può avere effetti duraturi e dannosi. La pubblicità italiana si trova oggi di fronte a una sfida cruciale: come rappresentare le donne in modo autentico e rispettoso, senza cadere nei vecchi schemi o nei nuovi estremismi? La soluzione non sta nell’eliminare completamente le donne dalle scene domestiche, ma nel riconoscere il loro ruolo attivo e multiforme nella società contemporanea. Solo così sarà possibile costruire un futuro in cui le donne non siano né invisibili né stereotipate, ma protagoniste piene e consapevoli della loro identità e del loro valore. Il paradosso della pubblicità italiana ci ricorda che, spesso, le migliori intenzioni possono tradursi in risultati imprevisti. Ma è proprio grazie a questi errori che possiamo imparare e migliorare, lavorando insieme per creare un mondo più giusto e inclusivo.
GIACINTO RUSSO PEPE