Prima l’assalto a Capitol Hill e, poi, quello della Piazza dei Tre Poteri a Brasilia, sono solo alcuni dei segnali d’allarme che dovrebbero richiamare l’attenzione di tutti quelli che in futuro non vogliano far vivere i figli in una società distopica. Per ridurre al minimo questo rischio occorrerebbe prendere coscienza dei pericoli che la tecnologia ha disseminato sul cammino dell’umanità. Uno dei problemi da risolvere sono gli algoritmi dei social media. Stanno rendendo concreto un pericolo che gli scienziati da tempo paventano: la polarizzazione della società. Gli esperti, infatti, ritengono che gli algoritmi che sovrintendono all’attività dei social siano responsabili della crescente “polarizzazione” della popolazione mondiale. Chi li ha creati ha scelto deliberatamente di incoraggiare i comportamenti definiti “echo chamber”.
Sono una minaccia alla nostra comprensione dei fatti e alla capacità di prendere decisioni in base a informazioni corrette. In chi è esposto solo a opinioni e informazioni che riflettono le sue stesse credenze, si creano un “effetto rinforzo” e una sorta di “comfort zone” dove le sue opinioni rimangono inalterate. In un’epoca in cui l’accesso all’informazione è più facile che mai, l’echo chamber, però, è sempre più difficile da evitare. I social hanno interesse a fornire ai loro utenti un’esperienza personalizzata basata solo sui loro interessi, questo li porta a rifiutare le opinioni degli altri. Gli algoritmi controllano quali contenuti vediamo. Tutti veniamo “targettizzati” in base all’età, al sesso, all’orientamento politico e a decine di altri fattori. Questo, oltre a favorire l’interazione con i contenuti più rilevanti per noi, può anche essere usato per limitare l’esposizione a contenuti considerati irrilevanti, dannosi o non utili ai fini commerciali e/o politici.
Facebook, ad esempio, ha un algoritmo complesso che determina, con incredibile precisione, quali sono i contenuti che vediamo con più piacere. Inizialmente, utilizzava un algoritmo basato solo sugli interessi e sui contenuti postati dagli amici. Dopo l’aggiunta di nuove funzionalità l’algoritmo iniziale è stato trasformato in qualcosa di sempre più complicato. Oggi prende in considerazione una serie di fattori per determinare quali contenuti visualizzare e quali no. Ogni volta che accedete a un social c’è un algoritmo che controlla quante persone hanno reagito a un vostro post, la frequenza di condivisione, il numero di commenti e il tempo trascorso sulla pagina. In base alla cronologia di navigazione, gli algoritmi decidono come personalizzare i contenuti che ognuno deve vedere. Tutti gli algoritmi funzionano in modo simile.
Tuttavia, ogni piattaforma ha un algoritmo diverso, quindi è importante comprendere come ognuno funziona per capire come ottimizzare la propria esperienza senza diventare uno pupazzo nelle mani di una “sequenza d’istruzioni”. I social, per ragioni economiche, incuranti dei pericoli, mostrano solo i contenuti che rafforzano le opinioni degli utenti, anche dei minori. Questo ha effetti devastanti sulla società. Chi è esposto solo ai contenuti che consolidano il suo pensiero, non presta più attenzione alle opinioni alternative e non ha più una visione equilibrata della realtà. Questo porta a dei conflitti tra i gruppi con opinioni contrastanti. Così si rendono difficile la comprensione reciproca e la risoluzione pacifica dei problemi. Eppure i sistemi per prevenire la corsa suicida alla polarizzazione ci sarebbero. I social dovrebbero essere obbligati dai governi a modificare gli algoritmi per aiutare gli utenti a scoprire contenuti diversi.
Gli utenti dovrebbero essere incoraggiati a partecipare a gruppi di discussione equilibrati e sotto il controllo di “amministratori” non polarizzati. Come da più parti s’invoca, i social dovrebbero anche limitare i contenuti che incoraggiano la polarizzazione, aiutando gli utenti a segnalare e far rimuovere i contenuti “discutibili”. Oggi, invece, qualsiasi segnalazione cade nel vuoto, a meno che non si riferisca a gravi reati compiuti sui social o al di fuori di essi. In conclusione, se i governi non costringeranno, in tempi brevi, le cosiddette Big Tech a modificare gli algoritmi, il futuro per l’umanità sarà più simile a un incubo orwelliano che a un sogno utopico. Purtroppo, il tempo a disposizione è sempre meno.
Giuseppe Cristiano