Durante l’adolescenza si avvicina al jazz, sviluppando una spiccata sensibilità per l’armonia e l’improvvisazione. Negli anni Sessanta studia con il pianista Chris Anderson e intraprende le prime collaborazioni con figure di rilievo come Coleman Hawkins e Donald Byrd. Con quest’ultimo incide nel 1962 il suo primo album da leader, Takin’ Off, che include il celebre brano Watermelon Man, diventato un classico del repertorio jazz.
Nel 1963 entra a far parte del secondo quintetto di Miles Davis, un’esperienza fondamentale che contribuisce a definire una nuova direzione per il jazz moderno. Parallelamente, prosegue la sua attività discografica per l’etichetta Blue Note, firmando alcuni dei suoi capolavori: Maiden Voyage, Speak Like a Child e Cantaloupe Island, opere che coniugano raffinatezza armonica e innovazione stilistica.
Nel 1968 lascia il gruppo di Davis per intraprendere una personale esplorazione sonora, orientandosi verso il funk, la musica elettronica e la fusion. Pubblica così una serie di album seminali come Fat Albert Rotunda, Mwandishi, Crossings e, soprattutto, Head Hunters (1973), contenente Chameleon, brano simbolo della sua ricerca sperimentale e commerciale.
Negli anni Settanta e Ottanta Hancock continua a spaziare tra generi e tecnologie, oscillando tra jazz acustico, funk, disco ed elettronica. Tra i lavori più innovativi di questo periodo si distingue Future Shock (1983), che include Rockit, brano vincitore di un MTV Video Music Award e primo esempio di successo del connubio tra jazz e videoclip.
Collabora con artisti del calibro di Freddie Hubbard, Ron Carter e Tony Williams, con i quali forma un supergruppo jazz. Nel 1985 ottiene riconoscimenti internazionali e si cimenta anche nella composizione di colonne sonore, tra cui quella per il film Round Midnight (1986).
Negli anni Novanta e Duemila prosegue la sua attività creativa: partecipa al progetto collettivo A Tribute to Miles, incide Gershwin’s World, Future2Future, e Possibilities, album che celebra la contaminazione tra linguaggi musicali.
Nel 2007 pubblica River: The Joni Letters, tributo alla cantautrice canadese Joni Mitchell, che gli vale il Grammy Award come Miglior Album dell’Anno – un riconoscimento eccezionale per un disco jazz.
Negli anni successivi prende parte a eventi di rilievo internazionale, tra cui un concerto in onore del presidente Barack Obama, e collabora con musicisti come Lang Lang. Nel 2010 pubblica The Imagine Project, ricevendo ulteriori premi e riconoscimenti. Nel 2013 viene insignito del “Kennedy Center Honors Award” e, nel 2017, dà alle stampe la sua autobiografia, Possibilities, testimonianza di un percorso artistico unico e in continua evoluzione.
Bruno Pollacci